28 sept 2011

La hispanista Sara Viotti envia la versión italiana del cap 1 de Niños a la Deriva"

         Niños a la Deriva Italiano

 

Capítulo 1             In prigione

 

·         Malumore e necessità d'insultare e bestemmiare

              CHAMOMILLA 200 CH

·         Desiderio di acidi e tendenza a fare il bastian contrario

              HEPAR SULFUR 200 CH

 

Talvolta ci mettiamo anni a capire

che affrontare la solitudine è come

cominciare un libro dalla fine,

come leggere i giornali, ansiosamente,

sfolglinado le pagine al contrario..

ci mettiamo anni a sapere che la solitudine

(spesso solo il desiderio), è un altro libro

della bibliografia delle notti, un Manuale,

sucettibile d'esame, con le pallide

pagine di pelle sotto alfabeti

a inchiostro di palpiti e di strade,

con note a pie' di memoria

e condizioni-necessarie e/o sufficienti-

con lemmi e teoremi riservati ad

anime occupate dal Teorema del Coseno,

vedendo nell'artificio

la bellezza del verso matematico

per giungere al Teorema di Pitagora

scivolando in un indice occulto.

Dopo tutto, solo una materia

Contemplata dal Manuale della Solitudine.

                                          Elisa R. Bach

 

Ho chiesto un quaderno per poter scrivere e distrarmi mentre aspetto. In realtà non so cosa aspetto. Ho vertigini e nausea che attribuisco all'alcool che ho buttato giù in questi giorni; sebbene non sia impossibile che i postumi della sbronza mi durino una settimana come già altre volte, tutto questo ormai sta durando troppo. C'è stato un tempo in cui non sopportavo l'alcool, non riuscivo a bere neanche un dito di birra. Adesso quando bevo vomito meno di quando non lo faccio. La mia carceriera mi ha portato un quaderno e due penne una rossa e un'altra blu. Mi sento da cani, ma mi mordo le labbra per non insultare le sorveglianti. Qualcosa dentro di me mi dice di star calma. Sta succedendo qualcosa fuori del normale. Cosa staranno tramando questi figli di puttana?

 

Non ricordo quasi niente di quello che è accaduto: Claudia, Miret e io siamo entrate in un bar in una traversa delle Ramblas, forse in calle Hospital. Non so. Due uomini si sono avvicinati a Miret, la volevano prendere per la vita. Lei non li lasciava. Eravamo tutte e tre ubriache marce, non riuscivamo nenche a stare in piedi. Il locale era pieno di figli di puttana che se ne fregano se un uomo se ne approfitta con tre ubriache. E poi sono straniere, diceva un frocetto mentre si beveva il suo cognac al banco. Ma come faceva uno a dirmi straniera senza che nenche avessi aperto bocca? In questo paese si ubriacano solo le straniere?

 

La polizia ha fatto irruzione nel bar e formato un corridoio di uniformi ci hanno fatti entrare uno per uno sulla camionetta. L'odore di gasolio e di vomito d'ubriaco mi dava la nausea. Miret mi teneva la mano come se fossi stata sua madre. Ho avuto nausea, ho vomitato e mi si è annebbiata la vista .Quando mi sono svegliata ero in carcere su una barella. E sono ancora qui, ficcata in un buco dove il tempo si ferma e lo spazio si riduce a proporzioni inumane.

 

Quando sono uscita in cortile e ci ho trovato Miret e Claudia mi è sembrato tutto normalissimo. Ero in un tal stato di depravazine che perfino svegliarmi in carcere mi sembrava un fatto normale. Era lunedì, avevamo passato dentro tutto il fine settimana e a sentire le secondine a mezzogiorno ci avrebbero restituito i nostri effetti personali e saremmo uscite. Ed effettivamente è stato così per Claudia e Miret, ma non per me. Le mie domande alle funzionarie rimbalzavano contro un  un muro di gomma: nessuno riusciva a spiegarsi perché fossi ancora lì.   

 

Forse durante la rissa avevo picchiato qualche cornuto della polizia e gli avevo rotto i coglioni? Alla fine mi è venuto in mente di scrivere per "ammazzare il tempo". E curiosamente le parole e le virgole mi venivano in mente come se avessi scritto per tutta la vita e perfino concetti come perifrasi, iperbato, brano, sintassi o giustapposizione avevano smesso di sembrarmi insulti, come li avevo considerati fino a quel momento.

 

Miret è di madre francese ma ha vissuto sempre a Badalona. Ha studiato legge ma non ha mai esercitato come avvocato né ha mai fatto qualsiasi altro mestiere. Era la ricca delle tre. Ho sempre pensato che uscisse a far casino con noi perché nel suo ambiente non trovava nessuno per fare casino. Le sue sbronze, a volte ,arrivavano a un punto in cui usciva di testa oltre ogni limite e le sue risate nelle notti estive riuscivano a riempire locali e quartieri. D'inverno si chiudeva in casa come una monaca di clausura e non voleva saper niente di uomini, sebbene abbia solo 65 anni, 4 più di me.

 

Dopo quel lunedì non l'ho mai più rivista. Non mi è dispiaciuto; era una rotta in culo. Quando bisognava abbordare qualche uomo ero io a dover attaccare discorso anche se mi uscivano di bocca di continuo parolacce che gli uomini non sopportano. Per esempio mi piaceva chiamare uno appena conosciuto "succhiacazzi del tuo capo" come fosse una nuova categoria o incarico della sua ditta oppure dire "leccaculi di politici" a gente sfaccendata che frequenta locali notturni e di mattina non deve lavorare o anche usare "impotente di merda" come un complimento affettuoso e "palledure" come equivalente di uno con i coglioni al loro posto.

 

L'insulto quanto più è grossolano più sembra maschile ,è come fumare o bere roba alcolica. Io propongo sempre a molte donne di usare questi sistemi. Immaginatevi una donna ripugnante come me che dice affettuosamente a uno mezzo ubriaco che si è unito a noi al banco di un locale buio con le luci al neon: "Senti impotente di merda vieni con noi al bar accanto? Perché questo sa già troppo del profumo di Miret".

 

Conosco solo una donna più sboccata di me: è una vicina che non fa la pipì; devono togliergliela con una macchina. Mi pare che la chiamino dialisi. Gli uomini si divertono quando trovano donne come noi, ma ci temono.

 

Claudia era un'impiegata che aveva passato più anni a casa che a lavorare. Suo marito l'ha lasciata perché diceva che non era abbastanza intellettuale. In realtà l'ha lasciata perché non veniva mai e lui si sentiva ferito in quanto stallone incapace di far godere la propria compagna. Lei diceva di non capire come avesse potuto resistere tanti anni con quel  cafone. Io qualche volta l'ho visto da vicino e ci vuol un bel po' di pelo sullo stomaco più di me per sopportare "quello", quella "cosa deforme" che avrebbe fatto scappare perfino una foca: l'unto della faccia gli arrivava fino alle orecchie, era stempiato e con i denti da cavallo; la pancia, che gli usciva dalla giacca larga, pendeva sulla cintura che gli stringeva a fatica i pantaloni; le caviglie, prigioniere del fondo di certi pantaloni tutti stropicciati, minaccivano di esplodere nei calzini. Non è mai stata felice con lui, anche se neppure adesso, dopo separata, lo era. Era pigra persino per scopare. 

 

Tutto mi girava attorno quella domenica mattina che ci hanno costrette a fare colazione e poi ci hanno fatte uscire in cortile quasi con la forza; e ancora adesso, faccio fatica a ricordare cosa cazzo è successo: credo vagamente di ricordarmi di Claudia che rideva a crepapelle facendo il coro a Miret; picchiava senza forze quei due individui. Anche loro ridevano, perciò la cosa sembrava solo uno scherzo di cattivo gusto. Ma la faccenda dev'essersi messa peggio quando i clienti del bar si sono messi ad applaudire tutto quello che stava succedendo.Era come un brutto film americano di ultima (de) generazione. La mia camicetta sembrava felice d'accogliere la saliva putrefatta che mi scappava dalla bocca.

 

Poi, quando ero già in galera, mi saliva l'angoscia, non avendo la minima speranza che la mia situazione potesse cambiare; mi sentivo rinchiusa, prigioniera di un destino nel quale tutte, prigioniere e donne del personale, mi dicevano che era tutto provvisorio, ma le mie due amiche mi avevano lasciata qui, mi avevano lasciata sola senza ragione né spiegazioni né per loro né per me. Ma non mi ha stupita che non si siano date pena per me: in fin dei conti sono due alcolizzate perse che se la saranno data a gambe per bene non appena mollate fuori .

 

Di notte mi toccava dormire supina a gambe aperte, perché l'aria nella pancia mi provocava un dolore insopportabile. Il mio sbuffare da balena con le vertigini svegliava le compagne di cella, che minacciavano di soffocarmi se non stavo zitta.

 

La mia situazione è un po' cambiata da quando mi hanno fatto il controllo medico completo come da protocollo. Tra un esame e l'altro avevo un insopportabile mal di testa nella zona occipitale. Una prigioniera che lavorava in infermeria ha avuto compassione di me e mi ha procurato una camomilla. Solo a sentire l'odore ho ricominciato a vomitare. Non sopportavo neanche il caffè, la mia droga preferita. Viste le mie condizioni di salute, sono stata traferita in una cella separata dalle altre.

 

 

 

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